
Cari Confratelli e Seminaristi,
la Provvidenza ci dona ancora una volta di celebrare il Giovedì Santo, giorno nel quale la liturgia porta alla nostra attenzione l’istituzione dell’Eucarestia e, quindi, inscindibilmente connessa con essa, l’istituzione del Sacerdozio. Infatti, «il sacerdozio ministeriale ha un rapporto costitutivo con il Corpo di Cristo, nella sua duplice ed inseparabile dimensione di Eucarestia e di Chiesa, di corpo eucaristico e di corpo ecclesiale. Perciò il nostro ministero è ‘amoris officium’ (Sant’Agostino, Johannes Evangelium Tractatus, 123, 5), è l’ufficio del Buon Pastore, che offre la vita per le pecore (cfr. Gv 10, 14-15)» (Benedetto XVI, discorso al Clero di Roma, 13 maggio 2005).
Il Papa San Giovanni Paolo II, del quale sono ricorsi in questo anno i vent’anni dalla morte, ricordava che «tutti noi che, mediante il Sacramento dell’Ordine, godiamo di una partecipazione speciale, ministeriale al Sacerdozio di Cristo, il Giovedì Santo ci raccogliamo interiormente nel ricordo dell’istituzione dell’Eucaristia, poiché questo evento segna l’inizio e la fonte di tutto ciò che, per grazia di Dio, noi siamo nella Chiesa e nel mondo. Il Giovedì Santo è il giorno natale del nostro Sacerdozio e, perciò, è anche la nostra festa annuale» (Giovanni Paolo II, lettera ai Sacerdoti, Giovedì Santo 1987).
La celebrazione del Giovedì Santo ha il suo centro nell’istituzione del Sacramento del Sacrificio redentore, in cui si rivela il massimo atteggiamento di amore di Dio, in Cristo, verso l’umanità e la Chiesa. Gesù stesso istituisce il sacramento dell’Eucaristia nell’Ultima Cena – ovvero il primo Giovedì Santo – ordinandoci di farlo in sua memoria, come ricordiamo ad ogni Messa. È questo anche il giorno dell’amore fraterno nel quale il Signore dà il mandatum di fare come Egli ci ha dato l’esempio, impegnandoci nella carità fraterna (cfr. Gv 13, 34).
Senza Sacerdozio ordinato non c’è Eucarestia ed il Sacerdote celebra in persona Christi ed è ipse Christus mentre pronuncia le parole dell’Ultima Cena nella Santa Messa. Nel celibato, poi, viviamo una intima unione alla donazione totale del Signore e con Lui siamo chiamati ad essere ostia (cfr. F. Sheen, Il sacerdote non si appartiene. L’unione al Sacrificio di Cristo per la salvezza del mondo, Fede&Cultura, Verona 2015), destinati ad immolare tutta intera la nostra esistenza a servizio di Dio nella Chiesa, amando e servendo – donandoci – coloro ai quali siamo mandati.
Pertanto, mi pare significativo che il Vescovo si rivolga in questo giorno santo e solenne al suo Presbiterio, per rinnovargli stima e gratitudine, per assicurargli paterno sostegno e guida pastorale. Colgo l’occasione dell’intima ed essenziale connessione fra Eucarestia e Sacerdozio per scrivere questa lettera pastorale ed emanare un decreto che concernono la materia delle intenzioni delle SS. Messe che i fedeli ci affidano. È certamente dovere della mia premura volgere l’attenzione personale e del Presbiterio di questa nostra amata Diocesi al Decreto sulla disciplina delle intenzioni delle Sante Messe, che proprio lo scorso 13 aprile, Domenica delle Palme, il Dicastero per il Clero ha promulgato, con approvazione specifica del Santo Padre, Papa Francesco.
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