Diocesi Ventimiglia – Sanremo

sito della Diocesi di Ventimiglia Sanremo

Diocesi

DIOCESI di VENTIMIGLIA-SANREMO

Villa Santa Giovanna D’Arco
Via Carlo Pisacane, 2 – 18038 Sanremo (IM)

Tel. 0184.505757 – Fax 0184.505753
email: curia@diocesiventimiglia.it

pec: diocesiventimigliasanremo@pec.it

Iscrizione R.P.G. pag. 44, n. 1 – cod. sc. 81011970084


Fonte Wikipedia

La diocesi di Ventimiglia-San Remo (in latino: Dioecesis Ventimiliensis-Sancti Romuli) appartiene alla regione ecclesiastica Liguria. Nel 2014 contava 152.400 battezzati su 158.000 abitanti. È retta dal vescovo Antonio Suetta.

Territorio
La diocesi comprende la parte occidentale della provincia di Imperia e un piccolo lembo della parte meridionale della provincia di Cuneo.

Sede vescovile è la città di Ventimiglia, dove si trova la cattedrale di Santa Maria Assunta. A Sanremo si trovano la curia vescovile, la concattedrale di San Siro e il seminario diocesano, dedicato a Pio XI. L’ex Seminario ora centro di numerose attività pastorali si trova a Bordighera. In diocesi vi sono anche due basiliche minori: la basilica dei Santi Giacomo e Filippo a Taggia, nota come santuario della Madonna Miracolosa; e la basilica del Sacro Cuore di Gesù a Bussana, frazione di Sanremo.

Il territorio della diocesi si estende su 715 km² ed è suddiviso in 101 parrocchie situate in Liguria e Piemonte:

96 nella provincia di Imperia, nei comuni di: Airole, Apricale, Badalucco, Bajardo, Bordighera, Borghetto d’Arroscia, Camporosso, Carpasio, Castellaro, Castelvittorio, Ceriana, Cipressa, Costarainera, Dolceacqua, Isolabona, Molini di Triora, Montalto Ligure, Olivetta San Michele, Ospedaletti, Perinaldo, Pietrabruna (frazioni di Boscomare e Torre Paponi), Pigna, Pompeiana, Riva Ligure, Rocchetta Nervina, San Biagio della Cima, San Lorenzo al Mare, Sanremo, Santo Stefano al Mare, Seborga, Soldano, Taggia, Terzorio, Triora, Vallebona, Vallecrosia e Ventimiglia;
3 nella provincia di Cuneo, nel solo comune di Briga Alta.
Le parrocchie sono raggruppate in 4 vicariati: Ventimiglia, Bordighera e Valle Nervia, Sanremo, Levante e Valle Argentina.


Storia

Incerta è l’origine del cristianesimo e della prima organizzazione ecclesiastica del municipium di Albintimilium, il cui territorio si estendeva da Mentone alle porte di Sanremo. Per tradizione si ritiene che il primo vescovo di Ventimiglia sia stato Cleto, discepolo di san Barnaba, nell’anno 75. Tuttavia, il primo vescovo storicamente documentato è Giovanni, che partecipò al sinodo romano del 680; in questo periodo gli abitanti avevano già abbandonato l’antico centro romano per rifugiarsi alla destra del fiume Roia, dove avevano edificato la nuova città.

Originariamente la sede di Ventimiglia era suffraganea dell’arcidiocesi di Milano; questa dipendenza è documentata per la prima volta nel capitolare olonense dell’825. Molto incerta e confusa è la serie episcopale nel primo millennio e pochi sono i nomi storicamente certi e attendibili, malgrado, a partire dall’Ottocento, si sia diffusa una lunga lista episcopale con circa quaranta nomi da Cleto fino agli inizi del XIII secolo. In quest’epoca si distinse il vescovo Guglielmo, venerato come beato dalla Chiesa locale, per la sua opera di intermediazione e di intercessione a favore della cittadinanza di Ventimiglia, sconfitta da Genova dopo un assedio alla città durato tre anni (1219-1222).

Nell’XI secolo fu recata a Ventimiglia, da un vescovo di cui non si conosce il nome, la reliquia del capo di san Secondo martire, patrono della diocesi dal 1602. Il resto del corpo, che era allora nella valle di Susa, è custodito a Torino.

Durante lo Scisma d’Occidente, la diocesi perse la sua unità e fu divisa in due entità ecclesiastiche. Il vescovo di Ventimiglia, di obbedienza romana, esercitava la sua autorità sui territori della diocesi dipendenti dalla Repubblica di Genova, mentre il vescovo di obbedienza avignonese, che aveva sede a Sospello, esercitava la sua autorità sui territori diocesani dipendenti dai conti di Savoia e dai signori di Tenda.

Durante il XVI secolo, grazie ad un decreto del re di Francia Carlo IX, che permetteva il libero esercizio della confessione luterana, la nuova religione si diffuse largamente nella parte della diocesi controllata dai Savoia. Spettò ai vescovi Carlo Grimaldi e Francesco Galbiati ristabilire la propria autorità ed attuare energicamente i decreti del Concilio di Trento. Si deve al vescovo Carlo Visconti l’istituzione del seminario diocesano nel settembre del 1564.

Nel Seicento si distinse in particolare il vescovo Mauro Promontorio, benedettino genovese, che «seppe contemperare zelo pastorale e affabile sollecitudine, tanto che il suo episcopato costituisce uno snodo significativo»[1]: abbellì e ingrandì la cattedrale, indisse due sinodi, fece opera di mediazione tra la repubblica genovese e i Savoia.

Un rapporto del 1777, riferisce che la diocesi all’epoca era costituita da 35 parrocchie (di cui due a Sospello), per un totale di circa trentacinquemila fedeli. Dal punto di vista civile, la diocesi era suddivisa fra tre entità politiche:

il Regno di Sardegna: Sospello, Molinetto, Castellaro, Gorbio, Sant’Agnese, Castiglione, Breglio, Saorgio, Tenda, Briga, Dolceacqua, Isolabona, Apricale, Perinaldo, Rocchetta, Seborga, Pigna e Buggio;
la Repubblica di Genova: Ventimiglia, Bevera, Airole, Penna, Camporosso, Vallecrosia, San Biagio, Soldano, Bordighera, Borghetto, Sasso, Vallebona, Castelfranco (Castelvittorio) e Bajardo;
il Principato di Monaco: Mentone e Roccabruna.

La diocesi subì forti cambiamenti durante il periodo napoleonico. Nel 1797 entrò a far parte della provincia ecclesiastica dell’arcidiocesi di Genova, ma nello stesso anno cedette le parrocchie del principato di Monaco e quelle del regno di Sardegna alla diocesi di Nizza, mantenendo solo le quindici parrocchie soggette alla Repubblica di Genova. Così ridotta, la diocesi rischiò la soppressione. Il 9 aprile 1806 cambiò nuovamente provincia ecclesiastica entrando a far parte di quella dell’arcidiocesi di Aix in forza della bolla Expositum cum Nobis di papa Pio VII.

Dopo il Congresso di Vienna, fu pian piano ristabilita la situazione precedente. Il 30 maggio 1818 con la bolla Sollicitudo omnium ecclesiarum dello stesso papa Pio VII divenne nuovamente suffraganea dell’arcidiocesi di Genova. Il 20 giugno 1831 in forza della bolla Ex iniuncto nobis di papa Gregorio XVI[2] la diocesi allargò i propri confini con l’acquisizione di venticinque parrocchie dalla diocesi di Albenga, tra cui la città di Sanremo, e di otto parrocchie dalla diocesi di Nizza.

Nel 1860 cedette momentaneamente Briga Marittima e Tenda alla diocesi di Cuneo. Tornarono alla sede ventimigliese dal 1886 al 1947 (quando passarono alla diocesi francese di Nizza). Il nuovo confine di Stato tra il neo istituito Regno d’Italia e l’Impero Francese determinò il passaggio alle diocesi francesi delle parrocchie del Mentonese (Mentone, Roccabruna, Gorbio e Sant’Agnese) e delle zone interne delle valli Bevera (Sospello e Molinetto) e Roja (Breglio e Saorgio).

Il 3 luglio 1975 la diocesi ha assunto il nome attuale in forza del decreto In dioecesi Ventimiliensi della Congregazione per i Vescovi. Lo stesso giorno, con il decreto Novissimis hisce, la chiesa di San Siro a Sanremo è stata eretta a concattedrale della diocesi.


Cattedrale di Santa Maria Assunta (Ventimiglia)

Stile architettonico romanico
Inizio costruzione 1100
Completamento 1970

La cattedrale di Santa Maria Assunta è un edificio religioso
Secondo alcune fonti storiche la cattedrale fu eretta tra l’XI e il XII secolo sulle rovine di una precedente cattedrale dell’epoca carolingia. Quest’ultima, secondo quanto affermano le tradizioni locali, fu costruita sul luogo ove anticamente sorgeva un tempio pagano dedicato a Giunone; l’iscrizione nella quale si attesta tale affermazione è tutt’oggi conservata all’interno dell’odierna cattedrale.

Durante l’alto Medioevo la struttura della chiesa fu ad unica navata, e sarà intorno al 1100 che la cattedrale verrà completamente ricostruita a tre navate. Del XIII secolo sono il portale, ad arco acuto, le tre absidi (una maggiore e due minori) e il presbiterio, con il tiburio di forma ottagonale, mentre il tetto sarà sostituito con volte a botte sostenute da semicolonne e pilastri in stile romanico.

All’interno è custodita una Madonna col Bambino di Barnaba da Modena, dipinto su tavola risalente alla seconda metà del XIV secolo.

L’intera struttura fu sottoposta nel 1967 ad un accurato restauro e i lavori si protrassero nei due anni successivi; nel marzo del 1970 la cattedrale fu riaperta al culto religioso e al pubblico.

Il Battistero
Di fianco all’abside minore di sinistra, a una quota inferiore, sorge il Battistero, intitolato a san Giovanni Battista, coevo alla Cattedrale. A pianta ottagonale, è stato diviso in due livelli nel Seicento: il vano inferiore presenta una volta a ombrello e, lungo il perimetro, otto nicchie, alternativamente a base retta e semicircolare; all’interno sono collocati un bacino ad immersione del XIII secolo al centro e un’altra vasca più antica, a forma di mortaio, in una nicchia; al piano superiore, cui si accede dal piano di calpestio dell’attigua cattedrale, è stata ricavata una cappella barocca dedicata al Santissimo Sacramento.

Organo a canne
Sulla cantoria in controfacciata si trova l’organo a canne Carrara opus 37, costruito nel 2008 riutilizzando parte del materiale fonico di un organo Silbermann del 1984. Lo strumento, a trasmissione integralmente meccanica, ha tre tastiere di 56 note ciascuna ed una pedaliera dritta di 32.


Concattedrale di San Siro

Stile architettonico Romanico
Eretta nel XII secolo.

La cattedrale di San Siro con ancora la facciata barocca in una immagine di fine Ottocento
La prima chiesa cristiana risale all’811, secondo la tradizione nel luogo in cui il vescovo Siro, divenuto poi santo, avrebbe solitamente celebrato messa. Nello stesso luogo avrebbe, per un certo periodo, trovato sepoltura san Romolo di Genova. Ma la chiesa così come è conosciuta oggi fu costruita dai maestri Comacini agli inizi del XII secolo in stile romanico gotico, e le prime notizie che ne attestano l’esistenza sono atti del 1143 redatti dal consiglio comunale cittadino. All’interno di essa il 6 giugno 1297 con una cerimonia l’arcivescovo di Genova Jacopo da Varagine cedette i diritti sulla città alla signoria dei Doria e De Mari che durò fino al 1319. Nel 1530 la chiesa fu insignita del titolo di “Insigne collegiata”. Nel 1544 i turchi del corsaro Khayr al-Din Barbarossa, giunti nelle acque antistanti il porto di Sanremo, sbarcarono per prelevare viveri, alcuni corsari non accontentandosi di ciò si recarono nella collegiata di san Siro per compiervi razzia ma non trovandovi nulla (tutti gli oggetti di valore erano già stati nascosti entro le mura) distrussero l’altare della chiesa. A partire dal 1619 furono avviate tutte una serie di modifiche che interessarono principalmente le absidi romaniche e il presbitero e che trasformarono la primitiva struttura romanica in barocca nel 1668. La chiesa subì numerosi danni il 30 settembre 1745 in seguito a un bombardamento compiuto da una formazione navale inglese comandata dall’ammiraglio Rowley che provocò il crollo di parte del tetto e della facciata. Nel 1753 la campana di san Siro, affettuosamente soprannominata dai sanremesi “Bacì”, chiamò a raccolta i cittadini di Sanremo iniziando la rivolta contro la Signoria della Repubblica di Genova, nel frattempo subentrata ai Doria. Repressa la rivolta della città, il comandante Agostino Pinelli per punizione fece abbattere il campanile che fu poi ricostruito in stile barocco mentre la campana fu trasferita a Genova come bottino di guerra e collocata nel Palazzo Ducale di Genova. Nel 1901 furono avviati imponenti lavori di ripristino dell’aspetto romanico demolendo tutte le sovrapposizioni barocche sia all’interno della chiesa sia all’esterno, i lavori dopo una lunga interruzione furono ufficialmente conclusi nel 1948. Nel 1947 la chiesa divenne basilica minore ed infine concattedrale nel 1975.

I lavori di restauro
La cattedrale di San Siro con la rinnovata facciata romanica in una immagine degli anni trenta
I lavori di restauro per ripristinare il primitivo aspetto romanico furono iniziati nel 1901 dopo che un progetto del 1898 preparato dall’ingegnere Antonio Capponi fu approvato dal consiglio comunale della città (21 febbraio 1901). Le prime opere di restauro interessarono le fiancate esterne che erano state rovinate dai fuochi di bivacco dei soldati francesi durante la Rivoluzione francese. Fu poi demolita la struttura barocca della facciata e ripristinata la primitiva romanica e dove non possibile direttamente ricostruita. Nel 1902 i lavori furono interrotti per mancanza di soldi. Tra il 1926 e il 1930, anche su ispirazione del podestà Pietro Agosti, si ripreserono i lavori con il restauro delle navate che furono realizzate in larice rosso e del tetto realizzato con l’ardesia di Molini di Triora. A causa di contrasti sul modo in cui condurre i restauri ci fu un ulteriore rinvio dei lavori che ripresero nel 1947 con il restauro degli stucchi barocchi di pregio e lo scrostamento di tutto l’intonaco presente nelle navate mettendo a nudo i muri. Al termine dei lavori, che durarono dal 1901 al 1948 fu posta a ricordo una lapide sulla parete della chiesa.

Nel 1975 si decise di intervenire sulle tre absidi per recuperare le parti medievali che non andate distrutte nel corso dei secoli erano però rimaste ancora coperte dall’intonaco che nel 1948 le aveva ricoperte.

La torre campanaria
Non è conosciuta l’effettiva struttura dell’originaria torre campanaria anche se, probabilmente, eseguita in pietra a vista non doveva essere molto più alta del corpo dell’edificio. Nel 1753, in seguito alla rivolta della città alla signoria genovese, il campanile fu abbattuto dagli uomini del comandante genovese Pinelli e la campana principale (Bacì), i cui rintocchi avevano dato il via alla rivolta, portata a Genova come bottino di guerra. Fu posta in mostra nel Palazzo Ducale di Genova e restituita solo nel 1784 ma fatta a pezzi. Nel frattempo i sanremesi procedettero nella ricostruzione del campanile nello stile prevalente dell’epoca, ovvero “barocco”. Nel corso del secondo conflitto mondiale un bombardamento effettuato nell’ottobre 1944 danneggiò gravemente il campanile che divenne pericolante. Nel 1948 si restaurò il campanile non senza aspre polemiche tra chi preferiva mantenere l’aspetto barocco e chi ipotizzava il ripristino dell’aspetto romanico. Si optò per lo stile barocco rifacendosi a una direttiva del Ministero dell’Educazione Nazionale del 1940, peraltro più economico da realizzare.

I ritrovamenti archeologici
Durante i lavori di rifacimento del campanile, effettuati nel 1948 furono ritrovate tracce di una precedente chiesa anteriore all’anno 1000. Riferisce al riguardo il parroco di allora Monsignor Boccadoro “Nel fare la fondazione (del campanile) appaiono con generale sorpresa i resti intatti di una chiesa sottostante, il pavimento anteriore al Mille certamente. È un’absidiola in calce bianca, poco più giù dell’arco principale e posta con la faccia in direzione a San Germano”.


Opere artistiche

Le porte
Le due porte laterali con i loro bassorilievi rappresentano le parti più antiche della chiesa. Le opere scolpite sono di autore sconosciuto, probabilmente opera di “marmorari” che lavoravano direttamente la pietra. Il bassorilievo sulla porta sinistra rappresenta un asinello in mezzo a una palma e a una pianta di limoni. Sullo sfondo dietro l’asinello è raffigurata una croce vescovile. Il bassorilievo sulla porta destra rappresenta una Vergine con Bambino in mezzo ai vescovi San Siro e San Romolo di Genova. Per la presenza di una pianta di cappero la porta fu chiamata anche “Porta del cappero”, e l’abbondante fioritura di questa era segno di un’annata fortunata. Quando nel 1987 si dovette rimuovere la pianta poiché creava danni alla stabilità della porta si poté valutare l’età di quest’ultima in circa trecento anni.

Le opere d’arte di Anton Maria Maragliano
Nella concattedrale di san Siro è presente presso l’altar maggiore un pregevole crocifisso e una statua della Madonna del Rosaio opera di Anton Maria Maragliano, che nel testo “Cenni intorno a varie opere d’arte” del 1867 viene descritto come “un crocifisso, grande al naturale, scolpito dal già nominato Maraggiano: perfette ne sono le membra, i suoi sguardi sono fissi al cielo, e nel volto scorgesi agevolmente la divinità, l’amore, la mansuetudine di Gesù, e quell’altissimo patimento che i flagelli, le spine ed i chiodi in Lui cagionarono” e prosegue “dello stesso scultore una Madonna del Rosario nobilmente vestita, e seduta maestosamente sopra una nuvola. Le sue bellezze sono quelle d’una verginella modesta, bellissima, amabilissima, ed insieme esprimono i teneri affetti di una madre divina. Essa protende con molta grazia il destro braccio, e col sinistro sostiene diritto sul ginocchio il Bambino, che tutto festoso e ridente porge ad un leggiadro Angioletto un grappolo d’uva.”

Il crocefisso nero
Il crocefisso nero è opera di un autore sconosciuto, probabilmente del XV secolo. Ad esso è collegato un evento considerato miracoloso. Il 7 agosto 1543, giunse a Sanremo la notizia di una prossima incursione saracena. Nel corso di una messa propiziatoria svoltasi poco prima della battaglia, il Cristo, irradiandosi di luce, si volse sorridente verso il podestà Luca Spinola con espressione benigna. Più tardi, la milizia cittadina, guidata dallo stesso Spinola, scontratasi contro i saraceni presso Verezzo ottenne la vittoria (Battaglia della Parà). Secondo alcune fonti lo stesso crocefisso fu portato in battaglia come vessillo.

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