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L’APOSTOLO DELL’EUCARISTIA

20 Giugno 2022

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Bisogna mettersi subito all’opera, salvare le anime con l’Eucaristia e risvegliare l’Europa sprofondata nel sonno dell’indifferenza” (lettera dell’11 febbraio 1852). L’Eucaristia è la soluzione per la perdita di fede del mondo. Questo è il tema centrale della spiritualità di san Pietro Giuliano Eymard, definito “l’Apostolo dell’Eucaristia”. Un santo che parla all’uomo di oggi, in un’epoca in cui non si crede più nella presenza reale di Gesù nelle specie eucaristiche e in cui la Messa viene sempre più “protestantizzata”, dimenticando che in essa avviene il Sacrificio incruento di Gesù per la nostra salvezza.

San Pietro Giuliano Eymard, sin da bambino, era solito sparire da casa per delle ore. Ma i suoi genitori non si preoccupavano: sapevano che l’avrebbero trovato in preghiera nella chiesa vicino casa, appoggiato a una scala dietro al tabernacolo. “Cosa fai lì?”,chiese una volta la sorella vedendolo in quella strana posizione. “Parlo con Gesù… Così lo sento meglio”, fu la candida risposta del bambino, la cui vita era già protesa verso Gesù Eucaristia.

Era il 4 febbraio 1811 quando a La Mure (nella diocesi di Grenoble, città della Francia sud-orientale) nacque Pietro. La madre era una cattolica molto devota, il padre aveva fondato una piccola industria alimentare. Sin dai primi anni di vita, il piccolo accompagnava spesso la mamma alla benedizione eucaristica e alla Messa quotidiana. Aveva un insaziabile desiderio di fare la Prima Comunione, anche se dovette aspettare molto. Finalmente, a 12 anni, la Prima Comunione. Quel giorno chiese a Gesù la grazia di poter essere sacerdote e avvertì una certezza interiore sulla sua vocazione. I santi ci insegnano, però, che i grandi progetti di Dio maturano sempre nella croce. E infatti il padre del santo si oppose categoricamente alla sua vocazione.

Il giovane Pietro, tuttavia, non si perse d’animo. Sapeva che la Madonna non l’avrebbe abbandonato. A Lei chiese la grazia di poter essere un giorno un santo sacerdote. S’industriò così: aiutava di giorno il padre nel lavoro, mentre di nascosto studiava il latino. A 18 anni, finalmente, ottenne il permesso del padre di poter entrare come novizio nella Congregazione dei Missionari Oblati di Maria, a Marsiglia. Ma la sua gioia fu breve: poco tempo dopo, dovette tornare a casa perché colpito da una grave malattia. Mentre riceveva il Viatico, in lacrime, pregò Gesù di poter guarire per poter divenire un giorno un alter Christus e portare a tutto il mondo Gesù Eucaristia. Fu esaudito.

Entrato nel Seminario di Grenoble, a 23 anni divenne sacerdote. Era il 20 luglio 1834. Per alcuni anni fu parroco a Monteynard. Ben presto però si rese conto che non era quella la volontà di Dio. Si sentiva chiamato alla vita religiosa. Lasciò dunque l’incarico di parroco, ed entrò nel 1839 nel noviziato dei Padri Maristi a Lione. Negli anni successivi, accaddero due episodi-chiave che lo portarono a capire il progetto di Dio per lui.

Nel 1845, portando il Santissimo Sacramento in processione, ricevette conferma di un’ispirazione interiore che aveva da tempo: predicare Gesù Eucaristia a tutti. Scelse san Paolo come patrono. Qualche anno dopo, nel 1851, mentre pregava davanti alla statua della Madonna nel santuario mariano di Fourvière, udì con chiarezza nell’anima la voce della Vergine che gli chiedeva di fondare una congregazione religiosa destinata a onorare in modo speciale l’Eucaristia.

Padre Eymard, desideroso di mettersi subito all’opera, espose all’arcivescovo di Parigi il progetto di fondare una congregazione contemplativa di adoratori del Santissimo Sacramento, che fossero però allo stesso tempo di vita attiva, con un apostolato rivolto soprattutto alla classe operaia e ai poveri di Parigi. L’arcivescovo fu subito d’accordo. Il 13 maggio 1856 nacque la Congregazione del Santissimo Sacramento, posta subito sotto la protezione di Maria, Madre del Santissimo Sacramento. Il beato Pio IX disse al santo: “Sono convinto che la sua opera viene da Dio e la Chiesa ne ha bisogno”.

I primi anni di vita della congregazione furono molto difficili, ma nonostante tutto, grazie all’intenso spirito di preghiera del fondatore, le vocazioni arrivavano numerose. Dovette soffrire molte calunnie da parte dei suoi figli; in questi casi san Pietro, sempre con visione soprannaturale, era solito dire: “Ho paura che cessino le sofferenze”. Il santo fondò anche un ramo femminile, oltre agli “Aggregati del Santissimo Sacramento”, un gruppo di laici. Estenuato e consumato dal suo zelo, a luglio del 1868 si diresse al suo paese natale per avere un po’ di riposo. Il 1° agosto ricevette per l’ultima volta la Comunione e poco dopo morì.

Cosa può insegnare un santo del XIX secolo all’uomo di oggi, che vive in una società hi-tech, individualista, razionalista, atea, in cui ormai sembra, come diceva Nietzsche, che “Dio è morto”? Nel periodo in cui il santo stava maturando internamente la decisione di fondare la nuova congregazione, scrisse quanto segue: “Ho spesso riflettuto sui rimedi a questa indifferenza universale, che si impossessa in maniera spaventosa di tanti cattolici, e ne trovo uno solo: l’Eucaristia, l’amore a Gesù eucaristico. La perdita della fede proviene dalla perdita dell’amore” (lettera del 22 ottobre 1851).

Queste parole non ci ricordano forse la crisi religiosa che stiamo vivendo soprattutto oggi? Chiese vuote, Comunione imposta in mano, Messe simil-protestanti, conventi chiusi, non pochi sacerdoti e pastori propagatori di eresie… Quale il rimedio a tutti questi mali? Il nostro santo ce lo indica chiaramente: l’Eucaristia. E allora chiediamoci: il centro della nostra vita è veramente Gesù Eucaristia? Come e con quale disposizione Lo riceviamo nella Comunione? Siamo distratti o veramente pensiamo che stiamo andando a ricevere il Re dei re? Con le nostre Comunioni frequenti, ricevute ovviamente in grazia e con tutte le buone disposizioni, con la nostra vita di preghiera, con le frequenti visite a Gesù nel Tabernacolo, possiamo, nel nostro piccolo, cambiare la società in cui viviamo, ravvivare la fede lì dove è perduta e spargere scintille d’amore nelle anime tiepide.

San Pietro Eymard è convinto della forza che possiede l’Eucaristia nel rinnovare l’intera società. A proposito di questo, sappiamo bene come al giorno d’oggi domini il “rispetto umano”, cioè il timore di mostrare in pubblico la nostra fede, per paura di essere screditati agli occhi degli altri. Al contrario, il nostro santo è stato il fautore di pubbliche processioni con il Santissimo Sacramento, ispiratore dei congressi eucaristici, creatore di una rete di apostolato che diffondeva Gesù Eucaristia fino ai quartieri più reietti di Parigi.

L’amore all’Eucaristia non deve rimanere relegato solo tra le quattro mura della chiesa o tra un piccolo gruppo di fedeli, ma deve uscire ed essere diffuso a tutti. Dobbiamo diventare “apostoli dell’Eucaristia”, con lo stesso zelo di san Paolo.

“Il culto solenne dell’esposizione è necessario per risvegliare la fede addormentata di tanti uomini onesti che non conoscono più Gesù Cristo, perché non sanno più che è loro vicino, loro amico e loro Dio… È necessario per salvare la società. La società muore perché non ha più un centro di verità e di carità, non ha più vita di famiglia. […] Ma la società rinascerà piena di vigore quando tutti i suoi membri verranno e si riuniranno attorno al nostro Emanuele” (Le Très Saint Sacrement, vol. I, 9-10).

Accogliamo dunque l’invito di questo grande santo per salvare la Chiesa e il mondo. Adesso tocca a noi.

(La NBQ 18.06.2022)

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