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Testimonianza: a Laghet, sui passi del Padre Santo

4 Giugno 2024

Il fattore più evidente dell’Io è l’irriducibilità delle sue domande. La lealtà verso se stessi, verso la propria umanità, impone uno sguardo di serietà e di mendicanza verso il desiderio del proprio Cuore.

Con questo sguardo Venerdì 24 Maggio quaranta pellegrini sono partiti al tramonto dalla Parrocchia di Nostra Signora della Mercede, in Sanremo, per giungere al sorgere del Sole dinnanzi a Nostra Signora di Laghet.

Sui passi di San Francesco Maria da Camporosso ognuno è partito con le sue fatiche, con le sue intenzioni, con i suoi dubbi ma con l’incrollabile certezza che Maria, per mezzo della quale è cambiata l’intera storia dell’uomo, custodisce la nostra Speranza.

Edoardo, uno dei venti ragazzi che ha preso parte al pellegrinaggio, tornando a casa ha detto: “Voglio vivere e ridere così, come non ho fatto mai”. La gioia che esplode da queste parole è la testimonianza più autentica che è davvero possibile vivere il centuplo quaggiù. È possibile nella misura in cui il nostro sguardo alla realtà, alla quotidianità, al lavoro, alla scuola, agli amici   è uno sguardo puro, attraverso cui si possono vivere le cose secondo la loro verità, possedere i rapporti come li possiede Cristo. Questa “imitazione” di Cristo è evidenza di una Presenza, qui, ora.

Con la preghiera questa Presenza diventa più che mai familiare e questa familiarità rende possibile alla coscienza di Dio di governare il nostro corpo, perciò espropriarsi, perdersi, non possedere più niente: abbiamo tutto, ma siamo stati strappati da tutto. Maria, sotto la croce, è privata di ciò che le era stato dato: in quel momento Suo Figlio, concepito di Spirito Santo per volontà del Padre, mandato sulla terra per la salvezza del mondo moriva davanti ai suoi occhi. Eppure Cristo indicandole dalla croce Giovanni disse: «Donna, ecco tuo figlio!» (Gv 19,26).  Nel momento in cui tutto sembrava perduto a Lei veniva affidata la Chiesa.

La stessa Chiesa con cui siamo in comunione oggi, dopo più di duemila anni. Perché se il nostro rapporto con Cristo non è solo un rapporto io-tu, ma crea un nuovo noi, custodito dalla Chiesa e se Cristo ha affidato la Chiesa alla cura premurosa di Maria a Lei volgiamo la nostra supplica.

A lei abbiamo offerto questo pellegrinaggio:  abbiamo offerto la fatica di ogni passo che, costantemente, diveniva Grazia, occasione per avvicinarsi al Mistero e per prendersi a cuore il Destino di chi camminava al nostro fianco.

Alla fatica si è affiancata la recita del Santo Rosario. Perché immaginatevi Matteo che era lì a contare soldi. Gli passa vicino Cristo. Lui si aspettava che gli desse, come tutti, dei soldi. Invece Cristo lo guarda e gli dice: “Vieni con Me”. E Matteo pianta lì tutto e Gli va dietro. Il cuore di Matteo ha compreso subito che l’uomo che aveva davanti era la provocazione al desiderio del suo Cuore, perché lo ha guardato come nessuno lo avevo guardato mai. Noi ci siamo messi in cammino con lo stesso “timore e tremore” che mosse Matteo dal suo banco ma con la consapevolezza che la nostra meschinità indurisce il nostro cuore e si pone come ostacolo a questo sguardo.

Il Santo Rosario serve proprio a questo, a ricordarci sempre, in ogni istante delle nostre giornate, che la nostra vita è testimonianza della passione per la Gloria di Cristo.

Nel pellegrinaggio, quindi, il cuore dell’uomo si mostra insistentemente come pellegrino dell’eterno e bisognoso di una compagnia con cui camminare verso il Destino.

Andrea

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