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Scuola

Epicoco con gli Insegnanti di Religione

17 Aprile 2021

“Se affidiamo la nostra felicità a circostanze esterne, allora sarà solo mondana, ma se la
poggiamo su una vera domanda di senso, siamo sulla giusta via per costruire una “felicità
differente”. E il cristianesimo deve educare ad essa”.


E’ questo il cuore della relazione tenuta da don Luigi Maria Epicoco, preside Issr “Fides
et Ratio” dell’Aquila, che sabato scorso è stato ospite d’eccezione del corso di formazione
per docenti Irc, organizzato dall’Ufficio Scuola della Diocesi. Oltre cento docenti, anche
di altre diocesi, si sono “connessi” per ascoltare il prestigioso oratore. Numerose le
domande e gli interventi su un tema tanto complesso quanto affascinante: “La felicità
differente”.


Come già i greci avevano ben intuito, la felicità è una giusta realizzazione del nostro
“demone” interiore (eudaimonìa), ovvero la capacità di riconoscere nel nostro io la
domanda di felicità che dà senso all’intera esistenza. Tutti noi vogliamo essere felici.
L’unica cosa è prendere sul serio la domanda di felicità.
“Il vero cristiano – spiega don Epicoco – parte dalla grandezza di questa domanda per
realizzarsi e per fornire appunto questa felicità differente. Noi cristiani abbiamo la pretesa
di fornirla al nostro prossimo. E noi insegnanti ai ragazzi.
La presenza dell’irc è fondamentale perchè li aiuta a muoversi in una società complessa in
cui c’è la tendenza a semplificare ogni cosa, e, in tema di felicità, a racchiudere il suo
concetto in un’unica categoria senza capire che il mondo è fatto di sfumature. Il
cristianesimo è in ogni ambito e una sua profonda comprensione rende la società più
comprensibile e dialogante.


Ha a che fare con arte, letteratura, musica. Il cristianesimo ci mette nella condizione di
leggere qualsiasi fenomeno. San Paolo diceva: “Vagliate ogni cosa e trattenete ciò che è
buono”. Il cristianesimo non è un collocare in un versante o nell’altro. E’ una questione di
fondo e prima di essere un contenuto è una qualità”.
Bisogna, come cristiani, aiutare gli altri a riconoscere dentro di loro il senso religioso che
attraversa il cuore. Il cristianesimo deve educare a questa felicità differente, che riempie la
vita di significato. Solo così si avrà un netto cambiamento, una sorta di vero affare”.
La postura cristiana deve condurre a vivere la felicità come senso della vita. E quando
l’uomo è davvero felice?


“Quando si realizza nelle relazioni. Dobbiamo educare i ragazzi a scoprire la dimensione
relazionale, mettendo le persone nelle condizioni di uscire dall’io per incontrare l’altro e
realizzarsi in questo.
E su tale territorio che noi insegnanti educhiamo al dialogo, all’accettazione e al rispetto
della diversità. Bisogna sconfiggere gli schemi di chiusura, i pregiudizi. Gesù stesso mette
in crisi gli schemi. Non è venuto a cancellare la Legge e la Verità, ma a darci lo sguardo
giusto su di essa, che non diventa schema rigido ma relazione amorevole. Se lavoriamo per
questo poco importa la fede. L’insegnamento della religione cattolica è riservato a tutti. E’
inclusivo perchè si appoggia su un meccanismo di base che tutti abbiamo. La religione non
è una possibilità o un hobbies ma essenzialità in una società che fatica a vivere ciò che è
complesso.
Il cristianesimo offre la possibilità di fare emergere la libertà interiore. La verità ci rende
liberi.
Oggi ogni uomo si definisce spesso da ciò che fa. Si confonde essere con fare ed avere con
essere. Una persona è davvero libera e felice quando si concilia con il verbo essere, non
con avere o fare. Oggi chi non è produttivo non vale. Se si pensa che la felicità sia il
raggiungimento di un fine siamo in una logica mondana. La felicità cristiana è un
cammino compiuto con qualcuno.

Ed è contraddistinta dal “qui e ora”. Gesù stesso ci ha detto che “il Regno è qui”. Se non coinvolgiamo l’istante, il presente diventa un’alienazione. La felicità cristiana non è solo l’aldilà”.
Oggi si tende a credere che la felicità sia totale assenza di dolore. Si cerca un anestetico.
Ma per il cristiano la felicità è sperimentare nel buio la luce. E’ una via di attraversamento
che ci fa guardare in faccia la vita. I ragazzi passano la vita a non affrontare i problemi.
Chi l’ha detto che la sofferenza è una cosa brutta? Il buio dà profondità alla nostra felicità.
Il cristiano accoglie la croce, non la cerca.


Ciò che stiamo trasmettendo è credibile perchè noi siamo i veri protagonisti. E questo
trasforma il messaggio cristiano da ideologia a vera esperienza!”

Donatella Lauria

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