Chiusura Uffici della Curia

La Curia Diocesana sarà chiusa da giovedì 28 marzo a lunedì 1 aprile compreso. Gli uffici riapriranno il 2 aprile. Buona Pasqua!

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Diocesi Ventimiglia – Sanremo

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IN Evidenza Liturgia Sacerdoti Vescovo

Omelia Messa Crismale 2022

14 Aprile 2022

Giovedì Santo – 14 aprile 2022 – Cattedrale di Ventimiglia

Eccellenze, Confratelli Presbiteri e Diaconi, Religiosi e Religiose, Seminaristi, Ministranti e Fedeli
tutti, in questo giorno solenne siamo convocati nella Chiesa Cattedrale per la Messa Crismale, festa
del sacerdozio ministeriale, nella celebrazione dell’Eucaristia e nella consacrazione e benedizione
degli Oli per la vita sacramentale della nostra Chiesa di Ventimiglia – San Remo.


Al termine di questa santa Liturgia sarà offerta ai Confratelli un’essenza preparata in esclusiva per il
nostro Presbiterio e denominata appunto “Presbyterium”: è un piccolo segno innanzitutto del mio
affetto per voi, della mia gratitudine e, magari, un balsamo per la vostra pazienza. Il profumo infatti
nella simbologia biblica evoca sempre l’amore: fa bene e consola sentirci dire di essere ben voluti.
La liturgia ci ha introdotto a questi giorni della Settimana Santa con il racconto giovanneo
dell’unzione di Betania, che abbiamo ascoltato lunedì; in quel racconto si trova un particolare, che
vorrei esprimesse davvero la bellezza di questo momento: “tutta la casa si riempì dell’aroma di
quel profumo” (Gv 12, 3).


La casa di Betania, luogo in cui Gesù ha trovato riposo, calore, intimità e amicizia, appare come una
efficace icona del nostro odierno convenire: qui è preparata per noi la mensa della Parola e del Pane
della vita, qui il Signore ci chiama a “stare con lui” (cfr. Mc 3, 14) in intimità, qui, con
sorprendente e immutata fiducia, mette nelle nostre mani e nella nostra bisaccia i doni per la
santificazione e la cura del suo santo popolo, e noi, rinnovando le promesse fatte il giorno
dell’ordinazione, ancora una volta mettiamo nelle sue mani il cuore e la vita.
Come in quella casa di Betania, a motivo delle vicende occorse, si intrecciavano la morte e la vita,
così oggi qui siamo invitati contemplare, ormai vicina, la Pasqua di Gesù nella nostra vita, nel
cammino di questa Chiesa particolare e nelle faticose vicende del mondo. Veniamo condotti a
riconoscere il significato e la promessa che racchiude, vincendo la tentazione che invece ha animato
il cuore di Giuda: la chiusura del cuore che non sa accogliere il gesto estremo dell’amore.
Qui è la nostra Betania, il villaggio in cui Gesù si era rivelato vita e risurrezione per coloro che
credono in lui, il luogo di quanti credono in Gesù e sono amati da lui, il luogo della sua “comunità”,
lo spazio della vita.

Il gesto silenzioso di Maria, apparentemente normale, in realtà è straordinario perché avviene
durante un pasto, perché si ungono i piedi di Gesù, e per la preziosità e l’abbondanza del profumo
versato. Nessuna donna avrebbe mai fatto questo: è un’anomalia che fa risaltare l’esistenza di una
familiarità amorosa tra Gesù e Maria. L’abbondanza del profumo è tale che deve asciugare i piedi di
Gesù con i suoi capelli.
Vi voglio dire che in questo sta il nostro ritratto più vero come preti: tutte le volte che i Vangeli
parlano di Maria essa si trova ai piedi di Gesù. Oggi anche noi siamo chiamati a riscoprire e ad
eleggere nuovamente questo posto privilegiato, una posizione che esprime la confessione di fede in
Gesù, il rimettersi a lui con un amore riconoscente.


Il testo dice che il profumo era “di vero nardo” (Gv 12, 3), l’aggettivo, in greco, è particolare
“pistikē”, da “pistis” cioè fede. È lo stesso termine ascoltato nella seconda lettura e riferito a Cristo,
il “testimone fedele” (Ap, 1, 5). Quel profumo è puro, non adulterato e il gesto lo rende “credibile”,
espressione e risposta di fede e di fedeltà. È prezioso quel profumo, ma soprattutto è prezioso Gesù,
ed è prezioso anche l’amore significato dal gesto. Dello stesso profumo sono avvolti i piedi di Gesù
e i capelli di Maria. Maria partecipa così di quel profumo, simbolo della vita che non finisce e
dell’amore. Così anche per noi. Siamo, per così dire, legati con Gesù da quella vita e da
quell’amore, noi partecipiamo della sua vita, la celebriamo con gratitudine e la confessiamo.
La casa che si riempie della fragranza di quel profumo è simbolo della comunità dei credenti, che il
nostro servizio di pastori deve saper riempire di fecondità e di gioia. Come ci ha ricordato Isaia,
siamo costituiti per dare al nostro popolo “una corona invece della cenere, olio di letizia invece
dell’abito da lutto, veste di lode invece di uno spirito mesto” (Is 61, 3).

La fede, la consapevolezza, la predilezione, di cui il Signore ci ha fatto dono, ci rendano capaci di
dire a tutti la gioia della salvezza, anche quando siamo tribolati o chiamati a sacrifici più grandi:
“quando tu digiuni, profumati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma
solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà” (Mt 6,
17-18).
Fratelli carissimi, il profumo dell’amore di Dio inebri il nostro cuore e si spanda, come i santi oli, in
questa Chiesa e nelle comunità parrocchiali soprattutto attraverso la santità della vita e
testimonianza della fraternità.


Non ci siano in mezzo a noi voci stonate, come quel giorno a Betania la voce di Giuda, che rompe il
silenzio della contemplazione con un atteggiamento di opposizione a Gesù e al suo cuore,
manifestando un’assoluta incapacità a comprendere la follia dell’amore ed esibendo esigenze di una
finta e miope solidarietà. Giuda è bugiardo perché tira fuori la storia dei poveri, mentre le sue
intenzioni sono altre; egli preferisce il denaro all’amore, cioè a Gesù.
Maria aveva svalutato il denaro spargendo tre etti di profumo, Giuda aveva svalutato l’amore. Egli
non ha riconosciuto la vita in Gesù e quindi non la celebra, inverte il movimento della vita che è
offrire per tutti; per lui ciò che è di tutti entra nella sua borsa ed è trattenuto.
Definendolo ladro il Vangelo sembra alludere al capitolo decimo di Giovanni, dove Gesù parla del
falso pastore come di un mercenario: “Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere;
io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. Io sono il buon pastore. Il buon
pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non
appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le
disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore” (Gv 10, 10-13).
La nostra vita e il nostro servizio non puzzino mai di tradimento e di morte: il dono dell’unzione
ricevuta faccia sempre brillare il nostro volto e il vino eucaristico allieti il nostro cuore” (cfr.
Salmo 103, 15).


Nei giorni in cui stiamo entrando rivivremo il dono di Gesù, che ci ha amato “fino alla fine” (Gv 13,
1) a partire dalla lavanda dei piedi fino alla croce. Anche noi così vogliamo manifestare “fino alla
fine” amore e gratitudine al Signore, spargendo gratuitamente tutto il prezioso profumo della nostra
vita.
Dal momento che il gesto di Gesù di lavare i piedi designa la partecipazione del discepolo all’essere
stesso di Cristo servitore, e che questo non si comprende se non alla luce della croce, impariamo ad
imitare il gesto del Maestro, soprattutto tra di noi, impariamo a riconoscere il servizio vicendevole
come il luogo centrale dell’adesione concreta alla passione di Gesù.


Esprimiamo con i fatti l’amore per Gesù, viviamo dell’amore di Gesù accolto e condiviso,
accettiamo che Gesù muoia per noi – se non ti laverò, non avrai parte con me… (cfr. Gv 13, 8) – ,
identifichiamoci con Gesù, il povero, il mendicante per eccellenza.
Poi saremo anche capaci di imitare il suo amore curandoci dei più piccoli, “portando ai poveri il
lieto annuncio, proclamando ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; rimettendo in libertà
gli oppressi e annunciando l’anno di grazia del Signore” (cfr. Lc 4, 18-19).

Il popolo per il quale siamo stati costituiti nel sacerdozio, al quale dobbiamo portare il lieto
annuncio della salvezza e di cui siamo servi, il popolo santo di Dio e tanta umanità smarrita ci
implorano incessantemente: “vogliamo vedere Gesù” (Gv 12, 21); possano sempre scorgere in noi,
nella nostra condotta e nel nostro parlare ciò che hanno udito i nazaretani fissando lo sguardo su
Gesù: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato” (Lc 4, 21).


Concludo con le parole dell’apostolo Paolo: “Siano rese grazie a Dio, il quale sempre ci fa
partecipare al suo trionfo in Cristo e diffonde ovunque per mezzo nostro il profumo della sua
conoscenza! Noi siamo infatti dinanzi a Dio il profumo di Cristo per quelli che si salvano e per
quelli che si perdono; per gli uni odore di morte per la morte e per gli altri odore di vita per la vita.
E chi è mai all’altezza di questi compiti? Noi non siamo infatti come quei molti che fanno mercato
della parola di Dio, ma con sincerità e come mossi da Dio, sotto il suo sguardo, noi parliamo in
Cristo” (2 Cor 2, 14-17).

+ Antonio Suetta, Vescovo di Ventimiglia – San Remo

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